La Forza

La forza di una squadra si misura dal suo giocatore più debole. O possiamo dire anche che una catena è resistente quanto il suo anello più debole.

Una delle attività che maggiormente mi compete, e che richiede molta attenzione e valutazioni profonde, è la scelta delle persone che saranno parte della squadra o che la dovranno lasciare.

Entrambe le situazioni le considero strategiche e rilevanti per il buon funzionamento di una squadra.

Nella fase di inizio della collaborazione, c’è la convinzione che si sta facendo il bene dei futuri colleghi, rafforzando il gruppo, portando nuove competenze ed energie. Allo stesso tempo, si deve avere la responsabilità e la consapevolezza che la nuova persona lascerà un’esperienza conosciuta per avviare un qualcosa che, per quanto raccontato e spiegato, sarà completamente nuovo. E per la squadra, si dovranno investire molte energie per inserire ed accompagnare il nuovo collega durante l’avvio dell’esperienza lavorativa.

Nella fase di conclusione della collaborazione, si è tentato ogni azione per salvare il rapporto. Sì sono forniti feedback diretti e sinceri, si sono ascoltati la persona ed i colleghi e si è meditato attentamente sulle conseguenze. Giunti alla decisione finale, si agisce per il bene della squadra, cercando di limitare situazioni spiacevoli e danni bilaterali.

Ho voluto anticiparti brevemente queste fasi di inizio e fine per focalizzare l’importanza di entrambe le scelte, con i relativi risvolti e condividere quanto è importante che nella squadra ci sia un equilibrio di valori, competenze e professionalità.

Possiamo avere grandi ambizioni, obiettivi sfidanti, passione ed impegno, voglia di fare, ma senza una squadra forte, non si può fare nulla che vada oltre alle proprie singole forze. Ci si ritrova a tirare un gruppo di individui, che agiscono indipendenti l’uno dall’altro, senza riuscire a puntare tutti allo stesso risultato atteso, che non arriverà mai.

Pertanto, la forza della squadra e la sua capacità di evolvere è data dalla forza del più debole dei propri membri. E la responsabilità di chi decide le sorti della squadra è di saper stabilire il valore minimo della debolezza, sotto il quale una persona non può stare.

È certo che, per fortuna, siamo tutti diversi e, per questo, ci compensiamo. Ma le nostre differenze devono essere su un pari livello, devono essere costruttive, non disgreganti. Devono imprimere propositività, voglia di miglioramento, sana competizione.

Non è facile, te lo assicuro, capire e decidere quando una persona può o meno diventare o essere ancora parte della squadra. Per lo più, si tratta di persone buone, valide, ma che in quel contesto lavorativo, non si adattano, non si incastrano. Se l’istinto iniziale, lasciato al curriculum ed a qualche colloquio, non ha funzionato al meglio, ci si trova a dover prendere decisioni che non si vorrebbe dover attuare.

Al contrario, è più semplice quando la squadra grida a gran voce la scelta giusta da fare e la decisione è condivisa e desiderata.

Per questo mi sento fortunato. Non sono mai solo a prendere queste decisioni. Faccio parte di squadre forti, che vogliono il bene dell’organizzazione e di tutte le persone che la compongono, oltre che voler raggiungere gli obiettivi attesi. Per questo riesco a decidere con la sicurezza di fare la cosa giusta, per tutti, anche per chi non arriva o ci lascia, perché potrà trovare una situazione più adatta alle sue esigenze.

Ed ecco perché la forza della persona è importante, non per lo svolgimento delle sue mansioni, per le quali c’è sempre ampio spazio di imparare, sbagliare e migliorare, ma per definire la forza della squadra.

La domanda che ci può aiutare a riflettere ora è: qual’è, da uno a dieci, la forza della nostra squadra? E qual’è il valore minimo? Infine, cosa facciamo con chi non raggiunge il valore minimo? Ti lascio con questa ricerca di risposte, così anche tu potrai avere chiaro la forza attuale e futura della tua squadra.