Generazioni

Il cambiamento in atto nelle nostre aziende risulta difficile anche per una componente non tenuta in considerazione: i conflitti tra le Generazioni all’interno dei Team.

Si parla sempre di cambio generazionale tra capi, ma non si considerano le differenze tra i colleghi.

La presenza di 3 o 4 generazioni in azienda, a differenza di ciò che accadeva nel passato, genera delle divisioni all’interno dei team, in quanto gli obiettivi, l’approccio al lavoro, lo stile di vita e la ricerca del benessere, sono radicalmente diversi. Non riesci a capire cosa intendo? Te lo spiego meglio.

In passato, (purtroppo ancora oggi, ma facciamo finta che siamo parecchi passi avanti) le aziende erano strutturate secondo una solida gerarchia piramidale che permetteva l’ascesa al comando seguendo un iter abbastanza comune: studiare o partire dalla gavetta, farsi notare dai capi per merito o plagio, sopprimere la concorrenza dei colleghi, lottare per i passaggi di livello.

Oggi, le aziende hanno una struttura gerarchica piatta o circolare, permettendo a chiunque di emergere per abilità, senza la necessità di contrastare la concorrenza. Chiunque può crescere autonomamente, in quanto le possibilità formative sono moltissime e a disposizione di tutti. Oltretutto, siamo predisposti ad una formazione continua, upskilling, quindi in ogni momento possiamo essere influenzati da idee, stimoli e capacità nuove.

Questa distinzione l’ho voluta fare perché sono convinto che le generazioni che hanno fatto la loro esperienza nel passato, lavorano in azienda secondo dei principi che oggi non sono più validi, come il rispetto per l’esperienza, l’anzianità di lavoro, l’acquisizione di una posizione e l’impossibilità di regredire.

Le aziende di oggi sono dinamiche, aperte all’innovazione, interfunzionali e basate sulla formazione continua, permettendo ad ogni persona di emergere senza ostacoli. Il valore dell’esperienza si riduce sempre di più, come se avesse una scadenza e deve essere rinnovata continuamente per essere efficace. Soprattutto i veterani devono continuare a formarsi per stare al passo con l’evoluzione, rimanere sul mercato del lavoro e non ritrovarsi sostituiti da giovani rampanti senza capirne il motivo e colpevolizzando l’età e/o il sistema.

Questo fatto lo verifichiamo tutti i giorni con il mutare del mercato e delle abitudini ad una velocità tale che rendono insufficiente la formazione iniziale ed il basarsi sull’esperienza vissuta. L’esperienza di 3/5 anni, oggi, è preistoria.

Vediamo le differenze che ci sono tra le generazioni che hanno una mentalità aziendale moderna e le altre:

  • obiettivi: oggi si è orientati a fare il bene dell’azienda, perché si è considerati parte di essa, in passato erano focalizzati sull’interesse personale, in quanto non erano considerati, dovevano solo fare il loro lavoro.
  • approccio al lavoro: oggi si vuole trarre soddisfazione dal lavoro, essere parte attiva dell’azienda. In passato si faceva del proprio meglio per non essere licenziati o rimproverati, senza soddisfazioni, il tutto era proporzionato allo stipendio.
  • stile di vita: oggi le persone voglio stare bene al lavoro, divertendosi, essendo autonome e raccogliendo soddisfazioni. In passato si lavorava perché lo si doveva fare, ma il lato bello della vita era vissuta solo fuori dall’azienda.
  • benessere: oggi le persone voglio stare bene mentalmente e fisicamente, facendo lavori in flessibilità che non mettono a rischio l’usura fisica e mentale. L’obiettivo è di far lavorare il più possibile le macchine e lasciare all’uomo solo ciò che non è sostituibile, l’intelligenza. In passato non si teneva conto di questo e le persone svolgevano lavori meccanici, come macchine.

Ti stai chiedendo quali sono le generazioni? Ti riporto un breve elenco che ti può aiutare:

Generazione Z (anche iGen, Post-Millennials, Centennials, o Plurals) — nati tra il  1995 ed il 2010.
È la generazione dei nuovi lavoratori d’oggi: ogni definizione è quindi provvisoria. Sono nativi digitali, Internet regola il loro rapporto con la realtà. Globali, saggi, sostenibili, multiculturali, hanno un concetto di genere meno rigido delle generazioni precedenti. 

Millennials (anche Generation Y, Generation Next o Net Generation) — nati tra il 1981ed il1995.
Sono cresciuti con Internet e computer (rivoluzione informatica). Guardano al futuro con ottimismo. Sono tolleranti e individualisti, e a volte narcisisti, considerano favorevolmente ambizione e competitività.

Generazione X — nati tra il 1961 ed il 1980.
Una generazione piccola, di cui manca un profilo definito. Spesso descritti come cinici, scettici e senza valori, sono una generazione molto intraprendente e tecnologica. A loro si deve l’espansione di Internet. Hanno vissuto sui successi della generazione precedente.

Baby Boomers — nati tra il 1945 ed il 1960.
Sono moltissimi, perché sono la generazione dell’esplosione demografica. Ottimisti, individualisti e consumisti: hanno fiducia nella prosperità economica. Fanno debiti e acquisti a rate, sono attenti alla forma fisica, amano il lavoro.

Tradizionalisti / Ricostruzione (Maturi, Veterani) — nati tra il 1925 ed il 1945.
Sono ancorati a valori e usi di tradizione: famiglia, matrimonio e lavoro. Ancorati all’esperienza della guerra, amano poco tecnologie e non hanno troppa fiducia nel cambiamento. Potendo, pagano in contanti.

Ti voglio concludere con un altro appunto, riferito maggiormente al mio settore di attività. In questa divisione di gerarchie è accaduto un fatto grave: il salto di un’intera generazione di manodopera. I Baby Boomers, forti del periodo economico favorevole, non hanno investito sui giovani e sulla Cultura della manodopera. Oggi non troviamo persone tra i Millenials e la Generazione Z che vogliono fare lavori manuali. Questo è un fatto dovuto al modo di fare impresa delle generazioni precedenti, che hanno sfruttato le persone senza tener conto delle loro esigenze e, tali esperienze, si sono riversate nei figli che ascoltando i racconti quotidiani dei genitori hanno cercato alternative future.

Se i Baby Boomers avessero continuato come i precedenti grandi imprenditori sorti con la rivoluzione industriale, oggi saremo in grado di produrre l’eccellenza del Made in Italy come solo noi sappiamo fare essendo ineguagliabili da tutto il resto del mondo.

Ma nulla è perduto, ora spetta a noi, imprenditori, leader, sognatori, creativi, attivisti e rivoluzionari a ricreare questa cultura, il bello di inventare e realizzarlo. Possiamo/dobbiamo tornare a credere nel valore del fare e del fatto bene. Non di certo con le metodologie vecchie, ma con le nuove tecnologie e la digitalizzazione. Abbinando l’innovazione all’uso delle mani possiamo portare il nostro mercato a crescere ed essere leader ed esempio nel mondo per il Bello e Fatto bene.